SI PUO’ FARE

di | 09/06/2021

Intervista al primo DJ cieco italiano, DJ full blind

Marco Lemmetti

Buongiorno cari lettori di SI PUO’ FARE. Precisi come un orologio siamo giunti al nostro nuovo appuntamento mensile. Per la rubrica, ideata dal comitato pari opportunità UICI Roma stavolta ho incontrato un amico toscano, Marco Lemmetti. Nato a camaiore il 7 ottobre 1987, sport e musica sono le sue passioni. Di quest’ultima ne ha fatto proprio una professione.

F: ciao Marco. Prima di addentrarci nelle tue passioni, racconta un po’ di te ai nostri lettori: tu sei ipovedente ma hai un buon residuo visivo, lo sei dalla nascita?

M. Ciao federica, si sono ipovedente dalla nascita. Per diversi anni ho visto abbastanza bene, la mia malattia si è aggravata dopo l’adolescenza. Il mio attuale residuo visivo è di un ventesimo ad entrambi gli occhi e riesco ancora ad essere abbastanza autonomo.

F: Perdere la vita in età adulta e riadattarsi è sicuramente piu’ complicato, ma tu sei riuscito perfettamente, vivi anche da solo! Arriviamo alla musica, immagino che abbia fatto parte della tua vita sin da piccolo. Come mai ad un certo punto hai deciso di spingerti oltre e diventare dj?

M. Si, la musica è una grande tradizione di famiglia, tutti o quasi tutti hanno fatto musica in un modo o nell’altro. Ho studiato batteria presso l’accademia di musica moderna di Lucca diventando batterista percussionista; ho suonato con diversi gruppi sia classici che moderni. Parallelamente ho intrapreso l’avventura come dj: con un amico, alle superiori, abbiamo iniziato a fare le prime feste studentesche e private. Da lì me ne sono innamorato e ho deciso di fare sul serio cominciando un percorso specifico in cui ho unito formazione e passione. In questo periodo ho fatto tantissime feste sia private che in locali pubblici.

F: Ed hai continuato perché, sebbene il tuo primo lavoro sia quello da centralinista, terminato il tuo periodo di formazione non hai smesso di fare serate per i locali. Non hai mai trovato difficoltà nel mixaggio? credo sia un lavoro molto visivo, spiegaci come avviene.

M. si il mio primo lavoro è quello di centralinista ma faccio diverse serate in locali durante l’anno. Molteplici le tecniche di mixaggio, spesso si usano tutte nell’arco di un dj-set. Per impararle non ho avuto bisogno della vista; le attrezzature hanno tanti tasti in rilievo, è sufficiente memorizzarli una volta perché si ritrovano poi sulla maggior parte delle consolle in commercio. Difficoltà ne ho trovata nell’interazione con il pubblico: un bravo dj mantiene il contatto visivo con la pista durante tutta la serata perché da lì prende lo spunto per far ballare la gente. Non ho appreso tecniche specifiche in merito, ma tento sempre di empatizzare con il pubblico, anche se con me in consolle c’è sempre qualcuno che mi riferisce cosa accade in pista. Per quanto riguarda la scelta dei brani mi avvalgo di un software dedicato collegato alla mia attrezzatura.

F: Lemme dj,  dj blind o dj full blind, qual è il tuo nome?

M. Il nome dj full blind in realtà è il nom del progetto e lo uso anche comme nome d’arte per identificare ciò che sono. Blind significa cieco, è il mio stato attuale, è ciò che mi definisce, ciò che ha determinato tutta la mia vita. Questo nome da una prima parte di me alle persone, con le quali si stabilisce un rapporto dj-pubblico, musica-divertimento.

F: come accennato, l’altra tua passione è lo sport. Tesserato con un’associazione fiorentina, hai deciso di cimentarti nel triathlon, quindi non uno, ma ben tre discipline in una. Racconta ai nostri lettori.

M. Si, sono ancora agli inizi ma l’obiettivo è quello di diventare un triatleta. Il triathlon si compone di corsa, bicicletta e nuoto, uno sport per gente tosta, uno sport di resistenza in cui è fondamentale gestire l’energia. Per il momento non nuoto, ma in futuro inserirò anche questa disciplina.

F: Qualche anno fa hai fatto un’esperienza probabilmente piu’ performante rispetto ad una gara: da Camaiore a Roma in tandem! 

M. Sì, una bellissima esperienza. La mia prima avventura di lungo chilometraggio su due ruote che ho affrontato con un amico nel 2017. Attraversando paesaggi magnifici sulla costa, abbiamo macinato piu’ di 500 km spalmati su tre giorni e mezzo, con una media di circa 140 km al giorno.

F:Complimenti! Il prossimo obiettivo sportivo?

M: Almeno una volta nella vita, ogni ciclista dovrebbe andare sulle dolomiti. Per mio diletto, e per non essere da meno, vorrei effettuare lì la mia prossima spedizione, vorrei affrontare i passi dello Stelvio, Gavia e Tonale. Nel frattempo cercherò di fare qualche gara di triathlon.

F: “ tutto molto interessante”, per tornare alla musica e citare Fabio Rovazzi. Appena si potrà fare mi piacerebbe venire ad una  tua serata dato che amo ballare. Per il momento ti saluto e ti ringrazio molto per il tempo che hai dedicato a me e ai lettori della rubrica.

M. grazie a te federica, è stato un vero piacere.

di Federica Carbonin

Condividi: