SI PUO’ FARE

di | 05/05/2021

Il mantra di Federica Carbonin

Federica Carbonin

Cari lettori, quello che state per leggere, oltre ad essere il settimo numero della rubrica ideata dal comitato pari opportunità UICI Roma, non è un’intervista, ma bensì una mia presentazione. Con il resto del comitato abbiamo pensato che, in quanto io membro e redattrice della rubrica, sia giusto mi presentassi.

Sono nata il primo giugno del 1990 con due braccia, due gambe ed un solo cervello (per citare il buon Daniele Silvestri) e tutti e cinque i sensi apposto, benché già dal primo vagito ho rischiato di lasciare questo mondo; mi son presa una bella infezione, la sepsi neonatale.

Guarita, le cose si sono svolte abbastanza serenamente se si tralascia l’episodio dell’autunno ’93 in cui ho preso la scossa elettrica, ma anche lì me la sono cavata. Probabilmente ho nove vite come i gatti: nel ’95 è sopraggiunto il tumore benigno al cervelletto. Operata d’urgenza sono uscita dall’ospedale dopo un mese che non camminavo più, mi sono rimessa in piedi ma dopo circa un anno sono andata fino in Virginia (America) perché dovevo continuare a combattere contro un residuo di tumore che era ricomparso. Gradualmente ho perso anche la vista diventando ipovedente grave, percepisco un ventesimo al centro dell’occhio sinistro ed ho il campo visivo molto ristretto

Lo sport mi ha salvato la vita: tramite la A.S.D. Roma 2000 ho iniziato ad andare a cavallo. Dressage e volteggio le due specialità che ho scelto gareggiando per entrambe sia a livello regionale che nazionale, spesso conquistando il podio.

Non esiste un’equitazione per ciechi, perciò abbiamo adottato delle misure fai-da-te. Il volteggio è una specialità che si pratica alla lunghina: l’istruttore tiene questa corda lunga alla quale è legato il cavallo che cammina in circolo intorno a lui. Sopra il cavallo il cavaliere, alle varie andature (passo, trotto, galoppo) esegue delle acrobazie.

Diverso il dressage: cavallo e cavaliere sono liberi e devono disegnare delle figure geometriche intercambiando le tre andature per tutta la lunghezza del campo. Un lavoro di estrema precisione in cui si effettuano diagonali, circoli per cui è indispensabile conoscere il punto esatto della staccionata in cui è posizionata ogni singola lettera. In questo caso siamo ricorsi alle lettere sonore: dei quadrati bianchi che si azionavano con un telecomando e producevano un suono simile a quello del semaforo sonoro. Ricordo che, durante una gara  ai Pratoni del Vivaro, si scaricò la K e una delle istruttrici si mise a fare la lettera sonora vivente dicendo ripetutamente: “ k, k, k,” e a me venne da ridere, per questo persi alcuni punti. Sì, perché nel dressage per ogni azione, che deve essere estremamente precisa, viene assegnato un punteggio, anche sul vestiario. La somma di questi punteggi determina il risultato della gara.

oltre all’equitazione mi sono cimentata in altri sport e discipline: judo, baseball per non vedenti, corsa e da qualche anno ho scelto il nuoto e l’arrampicata sportiva.

Per una persona con problemi di vista il nuoto non ha bisogno di particolari accorgimenti, l’unico che il mio istruttore ed io abbiamo adottato è quello del “colpo in testa”: niente di traumatico, ma quando sto per terminare la vasca, mi dà un piccolo colpo in testa con un tubo di gomma.

Neppure nell’arrampicata si abbisogna di misure specifiche. L’atleta con deficit visivo ha bisogno di essere seguito da un allenatore affinché gli indichi le prese migliori sulle quali mettere mani e piedi per scalare la parete.

L’unica cosa indispensabile è quindi la voce di colui che ci fa sicura, benché con l’esperienza ho imparato che si può scalare una parete anche senza “ suggerimenti”. Ho sviluppato quello che, esagerando  un po’, si potrebbe denominare istinto di sopravvivenza. L’arrampicata sportiva è uno degli sport più sicuri che io abbia fatto, non c’è pericolo di farsi male perché si è imbracati e legati ad un’altra persona che fa sicura, però si può scivolare e oscillare nel vuoto, ad esempio. Sensazione, vi assicuro, molto sgradevole, per questo ho usato il neologismo “istinto di sopravvivenza”.

Significa che con il tempo, senza vedere e soltanto sentendo le prese, si capisce su quali mettere mani e piedi, anzi, piedi e mani poiché è dalle gambe che deve arrivare la spinta per innalzarsi.

Quando si decide di effettuare una specifica via, la guida vocale risulta indispensabile. Le prese hanno colori diversi, quelle dello stesso colore costituiscono una via, ad ogni colore è assegnato un livello di difficoltà.

Mi sono cimentata anche con l’arrampicata out-door, un’esperienza straordinaria: arrivata a 600 metri di altezza ho percepito un forte senso di libertà e di appartenenza alla natura. La roccia offre delle prese naturali, quindi “l’istinto di sopravvivenza” risulta amplificato, o almeno lo è stato per me. La guida di chi fa sicura è sempre comoda, ma è importante imparare “ad ascoltare” la montagna .

Mi piace fare sport per divertirmi, per allenare il corpo e soprattutto la testa. 

sono una tipa che si accontenta, cerco di fare sempre meglio superando i miei limiti senza strafare. Ottimi risultati ne ho raggiunti anche negli studi e professionalmente. Ho conseguito il diploma di liceo linguistico e all’università mi sono laureata entrambe le volte (triennale in lettere moderne e magistrale in giornalismo e sistemi editoriali) con 110 e lode. Alla magistrale anche con il bacio accademico, cosa che mi ha fatto commuovere.

laurea magistrale con tesi dal titolo la libertà dimezzata. Tra intimidazioni ai giornalisti e notizie oscurate. La battaglia di “Ossigeno” per il diritto di cronaca

Amo scrivere, ho collaborato con diverse testate giornalistiche di informazione online. Sono stata Funzionario dello Stato presso l’Autorità di Regolazione dei Trasporti, esperienza che pur essendosi conclusa, mi ha insegnato molto.

Con le nuove elezioni dell’UICI di Roma ho deciso di impegnarmi maggiormente nella vita sezionale perché “l’unione siamo noi”! Sono entrata a far parte dei Comitati Pari Opportunità e Cultura per i quali, tra le altre cose, curo le pagine Facebook e ho rinnovato il mio impegno all’interno del Comitato Mobilità.

Da cinque anni vivo da sola. Ho trovato la mia dimensione e direi che questa vita mi va abbastanza bene!

Di Federica Carbonin

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