SI PUO’ FARE

di | 23/11/2020

Intervista a Silvia Tombolini sulla scherma per non vedenti

Si può fare è la nuova rubrica partorita dal Comitato Pari Opportunità dell’UICI di Roma in tempi di “semi-libertà” dovuti alla pandemia da Covid 19.

Una serie di interviste che non riguarderanno solo gli sport. Includeranno tutto ciò che “si può fare”, pur vedendo poco o nulla, 

Io mi chiamo Federica e come prima intervista ho deciso di contattare una vecchia conoscenza, ex atleta pluripremiata, anche lei come me impegnata sui temi delle pari opportunità, Silvia Tombolini.

Silvia

S: Mi chiamo Silvia Tombolini, sono nata a Roma ed ho trentasette anni. Da circa 2 mesi sono un membro del Consiglio direttivo dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti di Roma, nonché referente per il Comitato Pari opportunità, quindi prima di iniziare con le domande ci tengo a ringraziare tutti i componenti del comitato per questa fantastica iniziativa che spero possa essere utile a tante persone.  È sempre bello aderire ad attività che possano contribuire a dare informazioni corrette su quello che una persona può fare, nonostante la disabilità visiva ed allo stesso tempo forniscano degli esempi concreti per tutti coloro che non hanno ancora trovato il coraggio di mettersi in gioco.

F: Raccontaci, se ti va, com’è subentrata la tua disabilità visiva, o se ti accompagna dalla nascita.

S: La mia storia ha origine a scuola. Prima dei dodici anni vedevo bene, ma una pallonata in pieno volto mi ha cambiato la vita: distacco della retina e arrivo del glaucoma.

Molte le operazioni alle quali mi sono sottoposta, ma alla fine la mia situazione si è stabilizzata: avevo un buon residuo visivo perciò non ho dovuto modificare le mie abitudini di vita.

Tutto ciò fino a vent’anni quando la retina si è risvegliata e sono finita per l’ennesima volta sotto i ferri. Così a 23 anni ho perso definitivamente la vista ed oggi percepisco luci ed ombre.

F: quando ti sei avvicinata allo sport e perché hai scelto proprio la scherma?

S: Era giugno 2012, stavo ascoltando l’audiogazzettino dell’UICI e scopro che era nata la scherma per non vedenti. Per poterla praticare mi sarei dovuta iscrivere all’associazione sportiva ASD Roma 2000. La scherma mi ha sempre affascinato e quando ci vedevo la seguivo in tv. Dopo averci pensato un po’, ho preso contatti con la scuola che all’epoca seguiva il progetto e dopo qualche lezione di prova ho deciso di iscrivermi.

F: Nella scherma per non vedenti vi sono specifici accorgimenti: oltre all’armatura e alla maschera sugli occhi indossate anche dei campanelli o fate uso di particolari segnali sonori e tattili?

S: i due tipi di scherma sono molto simili. Non abbiamo bisogno di accorgimenti particolari, tanto che è possibile allenarsi anche con persone vedenti, purché indossino una benda sugli occhi ed infatti si sta pensando anche ad inserire gare integrate nei circuiti ufficiali. Noi duelliamo solo con la spada perché è l’unica arma che può toccare tutte le parti del corpo e quindi risulta più facile portare a termine l’assalto. Con il fioretto il punto è valido solo se si colpisce l’avversario sul corpetto, con la sciabola lo è sulla maschera, sul busto e sull’avanbraccio. Per consentire all’ atleta di muoversi avanti e indietro velocemente, percependo con i piedi in che punto si trova, l’assalto avviene su una pedana su cui sono montate delle strisce di metallo rialzate: una verticale al centro, così che gli atleti possano mantenere la direzione, una orizzontale che la divide a metà e altre due alle estremità opposte. All’inizio del combattimento gli schermitori si avvicinano per cercare un contatto di ferro. Il punto non è valido se si colpisce l’avversario prima del contatto tra le lame, al fine di evitare colpi sferrati in maniera del tutto casuale. La divisa bianca e la maschera che indossiamo non hanno nessun tipo di accorgimento. Le spade hanno il classico pulsantino che sta sulla punta della lama, quindi quando si tocca l’avversario la pressione esercitata sulla punta fa sì che venga emesso un suono, ma questo accade anche ai vedenti.

F: La scherma è stata riconosciuta disciplina paralimpica, dov’è nata?

S: È nata a Modica dall’iniziativa di Denise Cassarino e Giancarlo Puglisi. Sì, la Federazione Italiana della scherma ha capito la fattibilità di questo sport e lo ha inserito nella categoria paralimpica fin da subito. Nel 2014 ad Acireale, sono stati disputati i primi Campionati italiani ufficiali e li ho conquistato il mio primo bronzo. Si tratta di una disciplina che è cresciuta molto negli anni e che tuttora è ancora in evoluzione. Sono molti gli atleti non vedenti che si sono avvicinati a questo sport e spero che si possa riuscire a portarlo alle Paralimpiadi. Si tratta di una disciplina che richiede impegno e tenacia, infatti mi ha aiutato molto a fortificare il carattere ed a essere più determinata anche in tutti gli altri ambiti della mia vita. Ho disputato moltissime gare collezionando così molte medaglie importanti. L’oro che ricordo con maggiore soddisfazione è quello del primo Torneo internazionale di scherma per non vedenti di Cascais 2015, mentre l’ultima medaglia di bronzo è arrivata al Campionato italiano assoluto di Milano 2018, chiudendo così un percorso che mi ha quasi sempre visto sul podio sia nelle gare di qualificazione che nei diversi campionati che ho disputato. Il 2019 invece non mi ha regalato grosse soddisfazioni. Stavo vivendo un periodo molto difficile a livello personale, quindi non avevo l’energia mentale sufficiente e questo, unito a decisioni arbitrali contestabili mi ha portato per una sola stoccata a fermarmi in quarta posizione nella competizione individuale  del Torneo internazionale di Modica, durante il quale ho guidato la classifica fino all’assalto per l’accesso alla semifinale, perso 10 a nove con la Francia e dove mi sono consolata con un secondo posto nella gara a squadre. Ma lo stesso si è poi ripetuto ai Campionati italiani assoluti di Palermo, dove ho capito che era bene fermarsi e prendere una pausa di riflessione per non lasciare che un momento negativo distruggesse anni di impegno e di risultati importanti.

Mi sarebbe piaciuto molto continuare a contribuire allo sviluppo di questo sport, dato che i tornei internazionali svolti fino ad ora sono rivolti alla promozione della scherma per non vedenti in ambito internazionale e all’individuazione di un regolamento comunemente accettato, necessario a far sì che questo sport venga introdotto a tutti gli effetti tra quelli disputati alle paralimpiadi. Quindi ritengo che sarebbe stato bello essere parte attiva di questo cambiamento. 

F: Prima che la tua disabilità visiva subentrasse, praticavi sport? Trovi differenze nel tuo approccio sportivo tra “il prima” e “il dopo”?

S: Per cercare di sconfiggere il glaucoma, ho dovuto sottopormi a più di 20 interventi chirurgici, che come si può immaginare non sono stati certo una passeggiata. Per questo motivo avevo smesso di praticare sport in maniera regolare, anche perché i medici me lo avevano assolutamente sconsigliato. Questo finché non ho saputo dell’esistenza della scherma per non vedenti. Non so bene cosa sia scattato, ma ho subito pensato…. Devo provarci!

Il primo anno di allenamenti è stato durissimo. Dovevo riconquistare resistenza fisica e soprattutto avevo bisogno d’imparare a muovermi nello spazio, coordinare i movimenti e fronteggiare un avversario, senza vedere assolutamente nulla.  

La scherma mi ha dato tanto e mi ha aperto strade che non avrei mai pensato di percorrere. Ho imparato a convivere ed accettare la mia disabilità e ad affrontare i miei limiti puntando sempre a migliorare.

Quello che mi sento di suggerire a tutti è di mettersi in gioco e di prendere in considerazione la possibilità di iniziare a fare sport, non per forza a livello agonistico. Praticare una disciplina sportiva infatti ci aiuta a conoscere noi stessi, i nostri punti di forza e di debolezza, inoltre ci permette di trovare la determinazione e lo stimolo per cercare sempre di andare avanti e migliorare.

Lo sport infatti rappresenta uno degli strumenti più importanti che ci consente di dimostrare che una persona affetta da una disabilità, se ha a disposizione i mezzi necessari e si trova nelle condizioni adeguate può comunque raggiungere risultati di alto livello come accade per i normodotati. Inoltre l’autostima che si sviluppa nel praticare un’attività sportiva può aiutare ad affrontare con maggior grinta tutti gli ostacoli che si possono incontrare nella vita di tutti i giorni.

Quando ho messo piede per la prima volta in una sala di scherma non avevo mai conosciuto dei non vedenti e sinceramente neanche volevo saperne niente. Con l’aiuto delle persone giuste e comprendendo che ce la potevo fare, ho cominciato ad affrontare la mia situazione in maniera diversa e ho iniziato anche a pensare che avrei potuto utilizzare la mia esperienza per aiutare chi non ha avuto le mie stesse possibilità. È per questo motivo che nel 2014 ho accettato di entrare a far parte del Comitato giovani UICI Roma, che si stava riformando. Li ho avuto l’occasione di confrontarmi con dei ragazzi fantastici, partecipando insieme a loro all’organizzazione di diverse iniziative e stringendo delle belle amicizie. L’anno successivo quindi ho deciso di candidarmi come Coordinatrice e la nomina è arrivata qualche settimana prima dei Campionati italiani assoluti di Torino. Motivo in più per conquistare anche una bella medaglia d’argento. In questi 5 anni alla guida del Comitato giovani sono cresciuta molto, infatti all’impegno nel sociale si è aggiunto anche il lavoro in una multinazionale del turismo e ho compreso ancora di più quanto sia importante essere in prima linea nella difesa dei nostri diritti, pertanto ho provato a fare ancora un passo in avanti e a settembre mi sono candidata alle elezioni del Consiglio provinciale dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti di Roma, del quale ora sono parte e spero di poter contribuire ancora di più alle istanze portate avanti dalla nostra associazione, sul territorio di Roma e provincia. Ci tengo a sottolineare però, che senza la scherma tutto questo non sarebbe mai stato possibile.

Sono molti coloro che da più parti mi hanno chiesto di riprendere ad allenarmi e li ringrazio perché vuol dire che c’è tanta gente che crede in me e nelle mie possibilità, ma per ora sembra che la mia vita stia andando in una direzione un po’ diversa, ma come dico sempre io… mai dire mai. 

Federica Carbonin

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